Abbandona Roma adesso: c’è un borgo-labirinto a 90 minuti che ti costringerà a rallentare (e non vorrai più andartene)

A meno di un’ora e mezza da Roma, sulle colline che separano la provincia di Rieti da quella dell’Aquila, sorge Collalto Sabino, un piccolo borgo medievale che pare un segreto sussurrato tra i boschi. Non è un luogo che si incontra per caso: bisogna volerlo raggiungere, cercarlo tra le curve che risalgono la valle del Turano. Quando si arriva, però, ci si accorge subito che la fatica del viaggio è il prezzo giusto per un salto indietro nel tempo.

Collalto Sabino è uno di quei paesi che non si mostrano subito. Si nasconde dietro mura possenti, che conservano ancora l’impianto originario del XIV secolo, e si svela un po’ alla volta, tra vicoli stretti e pietre che raccontano storie di signorie, battaglie, feste di paese e lunghi inverni. È considerato uno dei borghi più belli d’Italia, ma la sua vera bellezza non è quella da cartolina. È una bellezza discreta, fatta di equilibrio, di silenzi, di vita lenta.

Appena varcata la porta medievale, si ha la sensazione di entrare in una scena sospesa. Il profumo della legna nei camini, le persiane verdi, i gerani alle finestre, i gradini consumati dal tempo: tutto contribuisce a creare un’atmosfera autentica. Non c’è nulla di artificiale, e proprio per questo ogni dettaglio è prezioso. Le vie si incrociano in modo irregolare, come in un piccolo labirinto che conduce inevitabilmente verso il cuore del paese: il Castello Baronale, imponente, austero, magnificamente conservato.

Costruito nel Medioevo e poi ampliato nel Rinascimento, il castello domina Collalto come un guardiano silenzioso. Dalle sue torri, la vista si apre su un panorama che toglie il fiato: boschi, colline e i profili lontani dei monti. Nei giorni limpidi, lo sguardo spazia fino al Gran Sasso. Lì si capisce quanto questo luogo sia stato, nei secoli, un punto di osservazione e di controllo strategico, ma oggi resta soprattutto un simbolo di appartenenza e di memoria.

Nel borgo, il tempo scorre con una calma che sorprende. Gli abitanti si conoscono tutti, e non è raro che un anziano ti fermi per raccontarti una storia di un tempo in cui Collalto era più popolato, quando il castello ospitava eventi, e le feste di paese duravano giorni interi. È gente che ama il proprio paese e che, nonostante le difficoltà, ha scelto di restare. Nei loro occhi si legge un orgoglio silenzioso, quello di chi difende un’eredità che non vuole svanire.

Tra le case in pietra, si aprono cortili nascosti e piccole scalinate che portano verso punti panoramici. Alcuni balconi sembrano sospesi sull’aria, altri si affacciano su tetti disordinati e scorci di vallate. In certi momenti, basta fermarsi e ascoltare: non si sente nulla, se non il vento e, a tratti, il canto di un uccello. È un silenzio pieno, quasi sacro, che raramente si trova altrove.

La piazza principale, con il suo selciato antico e la chiesa di San Gregorio Magno, è il luogo dove tutto converge. Qui si ritrovano gli abitanti, qui si svolgono le feste, qui si ferma chi arriva da fuori per prendere fiato e guardarsi intorno. Nonostante la sua semplicità, ogni pietra racconta un passato lungo secoli. L’interno della chiesa custodisce affreschi e altari che testimoniano la devozione profonda di un popolo che ha sempre trovato nella spiritualità un punto fermo.

Uno degli aspetti più sorprendenti di Collalto Sabino è la sua armonia con la natura circostante. Intorno al borgo si estendono boschi di querce e faggi, attraversati da sentieri che conducono a piccole radure o a punti panoramici. In autunno, il paesaggio si trasforma in una tavolozza di colori: il rosso, l’ocra, il marrone e il giallo si fondono creando un mosaico che abbraccia il paese. D’inverno la neve imbianca i tetti e i vicoli, trasformando tutto in un presepe vivente. In primavera, i fiori di campo spuntano ai bordi dei muri, e in estate l’aria si riempie di profumi di erba e legna.

Collalto Sabino non è solo un borgo da vedere: è un luogo da vivere. È il posto giusto per chi cerca autenticità, per chi ha voglia di rallentare, per chi desidera ricordare che esistono ancora angoli d’Italia dove la vita segue il ritmo delle stagioni e non quello delle notifiche. Qui il tempo non si perde: si ritrova.

Molti viaggiatori scelgono di dormire in una delle case in pietra restaurate o nei piccoli b&b del centro storico. Al risveglio, il silenzio è assoluto, interrotto solo dal rintocco delle campane. Fare colazione guardando le colline, con il profumo del pane appena sfornato e il suono delle foglie mosse dal vento, è un’esperienza semplice ma straordinaria.

La cucina locale riflette questa stessa semplicità. Nei ristoranti e nelle locande del borgo, si servono piatti che rispettano le tradizioni sabine: zuppe di legumi, pappardelle al cinghiale, pecorino stagionato e vino rosso corposo. Sapori autentici, come il luogo che li ospita.

Chi ama camminare può seguire i percorsi che collegano Collalto agli altri borghi della valle, come Turania o Nespolo, oppure spingersi verso le pendici del Monte Navegna, una delle vette simboliche della zona. I panorami, lungo questi sentieri, sono tra i più belli del Lazio interno: ampi, luminosi, punteggiati di campanili e strade bianche.

Collalto Sabino è anche un luogo di piccole storie. C’è chi ha lasciato Roma per vivere qui, aprendo una bottega di ceramiche o una piccola libreria. C’è chi ogni mattina percorre i vicoli per andare al forno a comprare il pane e saluta tutti per nome. C’è chi organizza eventi culturali, concerti, mostre, per far conoscere il borgo e mantenerlo vivo. In ognuno di loro c’è la consapevolezza di abitare un posto speciale, lontano dal clamore ma pieno di senso.

Visitare Collalto Sabino significa concedersi un lusso raro: quello della lentezza. È un viaggio nella memoria e nella concretezza, un ritorno alle origini. Non ci sono negozi alla moda né luci abbaglianti, ma ci sono le stelle che si vedono nitide la notte, l’odore del bosco, il calore della pietra e l’accoglienza di chi ti apre la porta senza chiedere da dove vieni.

Chi ci arriva per un giorno spesso resta di più. Perché qui il tempo non è solo passato, ma presente. Un presente fatto di respiri lunghi, di storie tramandate, di silenzi che parlano più di mille parole. Collalto Sabino è un piccolo mondo, un pezzo d’Italia che resiste alla fretta e al rumore, un luogo che non si dimentica facilmente.